lunedì 2 novembre 2009

2. 2008 - Il Natale di Cromazio


IL NATALE DI CROMAZIO


CROMAZIO VESCOVO E CREDENTE
CROMAZIO ED IL SUO TEMPO
CROMAZIO ED IL NATALE
IL NATALE DI CROMAZIO
GENEALOGIA DI CRISTO ED ANNUNCIAZIONE
LE PREFIGURAZIONI DI CRISTO
CROMAZIO IL PASTORE
I MAGI E LA SINAGOGA
SCHEDA TECNICA




CROMAZIO VESCOVO E CREDENTE

Cromazio, Vescovo Santo di Aquileia dal 388 a 408 dc, è un Padre della Fede e della Chiesa, inserito a tutti gli effetti in quel contesto travagliato che nel IV° secolo determinerà la storia della Chiesa Cattolica, Apostolica e Romana fino ai nostri giorni, compiendo quelle scelte anche coraggiose che oggi vengono forse date per scontate, ma che in quei anni bui e fecondi sono state frutto di lacerazione e lotte cruente, ma supportate da una fede magari semplice, ma estremamente determinata.
Cromazio va quindi letto nel suo contesto storico politico che lo vede più volte al centro della scena; è contemporaneo di Ambrogio da Milano, che lo ordinerà vescovo nel 388 nella basilica di Aquileia, di Crisostomo di Costantinopoli, per il quale intercederà senza successo presso l’Imperatore d’Oriente Arcadio, di Girolamo di Stridone e Rufino di Concordia che tenterà di far riconciliare; con queste persone tiene un fitto rapporto epistolare dal quale si deduce la grande stima di cui era oggetto, il riconoscimento tributato ad un vero maestro, Vescovo della terza città dell’impero, su un territorio estremamente ampio. L’autorevolezza che emanava non proveniva dal prestigio della cattedra episcopale, ma dalla sua persona, dall’attività catechetica che è un cardine del suo episcopato, dal coraggio delle sue scelte a volte difficili ed in contrasto con il potere, da una incessante attività pastorale caritativa che supera le mura di Aquileia “E’ giunta fino a noi la fama della tua calda e sincera carità, Cromazio, come squilli di tromba; è echeggiata chiara e prolungata a tanta distanza, si è diffusa fino all’estremità della terra” (Giovanni Crisostomo, Lettera a Cromazio).
Si è distinto per il suo mecenatismo a favore della traduzione di vari libri dell’Antico Testamento, ma soprattutto nell’opera incessante contro l’eresia di Ario, che lo vede protagonista in prima persona durante il Concilio di Aquileia, 381, quando ancora presbitero prende, per delega del Vescovo titolare Valeriano, due volte la parola per confermare la fede di Nicea (325) e di Costantinopoli (381) contro l’arianesimo ed i vescovi aderenti; Fotino, ma soprattutto Ario secondo il quale il figlio di Dio sarebbe una “creatura” del Padre e quindi avrebbe avuto una natura diversa, sono sempre all’attenzione di Cromazio che non perde occasione per confermare la vera fede nei trattati e nei sermoni.
La purezza autentica della fede sono i pilastri del suo apostolato.
Per definire il suo tempo, possiamo dire che Cromazio vive nel periodo della primavera della Chiesa, appena uscita dalla clandestinità e dalle persecuzioni: trent’anni prima della sua nascita, terminava l’ultima persecuzione di Diocleziano che colpì in modo estremamente duro e sanguinoso la comunità aquileiese, quindi quando Cromazio parla di martiri e martirio non lo fa in modo astratto o di maniera, ma per l’esperienza diretta vissuta e tramandata dei suoi contemporanei, è il vivo ricordo alla radice della fede dei genitori o meglio della madre vedova che conduce una vita santa insieme alle sorelle vergini consacrate ed al fratello Giovino che Cromazio stesso ordinerà Vescovo insieme al quale ha vissuto una intensa esperienza monastica in Aquileia con Rufino, Girolamo ed il diacono, poi Vescovo, Eusebio, che nelle loro lettere ricordano con una certa nostalgia quella intensa esperienza vita comunitaria e monastica.


CROMAZIO ED IL SUO TEMPO

In pochi anni il cristianesimo è passato dalla clandestinità persecutoria al ruolo di religione di stato (380 Editto di Tessalonica dell’Imperatore Teodosio), con tutte le conseguenze del caso, legandosi da una parte al potere costituito dell’Impero romano da poco diviso tra Oriente e Occidente, con una serie di lotte intestine, usurpatori, scontro tra poteri, frizioni ed ingerenze che coinvolgono il principio della fede stessa, e dall’altra guardando verso una crescente massa di persone che si rivolgevano al cristianesimo per la conversione che come atto culminante e decisivo, come vero segno del passaggio incrocia il sacramento del battesimo che per i pagani convertiti è il vero accesso alla vita cristiana.


Mentre Cromazio tiene i suoi sermoni nella basilica di Aquileia, svolge le sue catechesi a catechumeni e competentes o impartisce il sacramento battesimale nel fonte esagonale del battistero, i pagani frequentato ancora i templi di Giove o Marte, sacrificano animali per gli auspici, i giudei leggono i rotoli dell’Antico Testamento nelle sinagoghe della città.
Fuori dalle mura della città cominciano le prime scorrerie di barbari, nel 401 i Goti di Alarico assediano per la prima volta Aquileia, poi ancora nel 408, anno in cui Cromazio muore mentre mette in salvo la popolazione nella laguna di Grado. I barbari metteranno a sacco Roma due anni più tardi, per giungere infine alla distruzione di Aquileia nel 452 per mano di Attila ed i suoi Unni, anno che segna il definitivo declino commerciale, politico e religioso della città.
In questo contesto opera Cromazio, in tempi difficili, ma eroici dove solo una fede adamantina può trovare quella serenità e sicurezza che di cui sono permeati i suoi scritti, le sue catechesi ed omelie., dove non traspare paura o incertezza per il futuro, ma solo una fede incrollabile, forse un po’ ingenua alla luce della critica storica, con qualche forzatura interpretativa, perché tutto doveva tornare, per ogni cosa c’era una perfetta spiegazione nella Bibbia, anche le naturali contraddizioni o versioni avevano il loro univoco punto di coincidenza.
Tutto questo nulla toglie a Cromazio, uomo e vescovo del suo tempo, ma contemporaneo ed originale precursore nei giorni nostri, uomo dotato di ampia cultura e conoscenza biblica, che usa anche citazioni abbastanza inusuali, collegamenti e prefigurazioni che a volte possono sembrare un po’ forzate, ma sicuramente frutto di una grande fede.
La sintesi della sua pastorale, della sua predicazione, della sua stessa vita presbiteriale potrebbe essere sintetizzata in questa frase: “Cristo, vero Uomo, vero Dio”.

CROMAZIO ED IL NATALE

La celebrazione del Natale, come festa liturgica propria della nascita del Salvatore, ai tempi di Cromazio era una festività relativamente recente, infatti solo nel 336 si trova nel calendario liturgico il 25 dicembre come data dedicata, prima il Natale veniva celebrato il 6 gennaio, come fanno ancora gli ortodossi, unitamente all’Epifania, Manifestazione del Signore e alle Nozze di Cana (Gv 2, 1), primo miracolo di Gesù e di orientamento eucaristico.
Cromazio commenta al Sermone 32 il Vangelo di Luca e nei Trattati quello di Matteo, offrendo di fatto un ampio commento ai due testi evangelici che parlano in modo specifico della nascita del Salvatore. La parola Salvatore non è usato come sinonimo, ma va vista proprio alla luce della visione e lettura pasquale che Cromazio fa della nascita di Cristo, il Natale annuncia la Pasqua, nella drammaticità e speranza dell’evento; è una lettura estremamente moderna dei passi evangelici quella che Cromazio ci lascia, che conduce al sacramentum, al mysterium fidei, alla grande veglia che preannuncia la Resurrezione.
I testi sono ricchi di spunti, ma per rappresentare la visione del Natale di Cromazio non ci si può limitare a queste riflessioni specifiche, ma è necessario comprendere al meglio il suo pensiero teologico, la coerenza della sua pastorale, il suo essere pastore; quindi il natale va inserito in un contesto più complesso che ci rappresenta un Cromazio a tutto tondo, ma nel contempo nelle poche righe scritte sul Natale c’è tutto Cromazio.

IL NATALE DI CROMAZIO

La rappresentazione plastica di quanto sopra esposto e dei testi di riferimento, ha posto non poche problemi per una realizzazione che fosse fedele al testo e nello spirito dell’autore e nel contempo di guidata lettura storico-teologica-catechetica per noi, consentendo anche in una certa maniera una rilettura dell’opera nel nostro contesto attuale.
Da queste premesse, dalla lettura dei Sermoni liturgici e del Tractatus, di una serie di libri e pubblicazioni su Cromazio, si è sviluppata l’idea del progetto, o meglio prima quelli che potevano essere i paletti:
- il contesto storico ambientale;
- il rapporto antico e nuovo testamento; (1)
- le prefigurazioni che annunciano la nascita del Salvatore;
- l’annuncio del Credo dei Concilii di Nicea e Costantinopoli;
- la lotta alle eresie;
- il rapporto con il mondo giudaico e pagano;
- la centralità del sacramento battesimale;
- l’assoluta coerenza e continuità biblica …gli evangelisti non scrivono a caso; Da queste premesse la scelta dell’ambientazione è obbligata: Aquileia ed il suo complesso basilicale, inseriti in un contesto più ampio che racchiude la storia del Natale commentata da Cromazio.
La rappresentazione è pertanto organizzata in due campi: il primo vede la genealogia di Cristo e l’Annunciazione, in un contesto territoriale palestinese, il secondo, a sua volta diviso in tre ulteriori scene, gli eventi connessi alla natività, incastonati nell’Aquileia di Cromazio, l’esterno della basilica con il portico, la cappella dei pagani ed il monumentale battistero, sotto la facciata della basilica stessa; un secondo e terzo piano di ispirazione palestinese.
Abbiamo quindi l’attesa, l’annuncio e prefigurazione della nascita di Gesù, l’evento storico che ha dato una nuova dimensione a tutti gli uomini ed al mondo ed infine la Chiesa universale nella sua missione redentrice e pasquale.
Fatti, personaggi, avvenimenti, profezie dell’AT si pongono in ragione di connessione con fatti, personaggi, avvenimenti, profezie del NT. E’ un rapporto che Cromazio chiama di figura (tipo,immagine, ombra) rispetto alla verità, alla realtà totale che è il Cristo. In altre parole con una immagine visiva, si potrebbe asserire che l’AT è come una grande fotografia del NT, che ne è la realtà (di persona, cosa, ecc.). Il NT è già presente entro le linee dell’AT, pur non completo e non completamente intelligibile…Con ciò, per effetto della relazione necessitante, non si deve pensare che l’AT perda la sua consistenza di fatto, di avvenimento, o che i personaggi dell’Antica Alleanza divengano evanescenti. Essi conservano tutto il loro spessore di fatti, di accadimenti, di personaggi che hanno operato nel passato. Solo che sono tutte realtà assunte a significarne una più grande e più eccellente (introduzione al Trattato a cura di Giulio Trettel, paragrafo 5, Città Nuova Editrice 1984)
(2) Tratt. 1 paragrafo 1 pag 57 op. cit)

GENEALOGIA DI CRISTO ED ANNUNCIAZIONE


Nel Tractatus il vescovo aquileiese dedica ampio spazio al commento di Matteo relativo alla genealogia di Cristo, che introduce non solo la storicità della nascita del Salvatore, ma anche la sua natura umana, l’attesa di tutto il popolo d’Israele, rende evidente che il tempo era giunto, che l’annuncio dei profeti trovava compimento, che i segni diventavano significato sotto gli occhi di tutti.

Cromazio si sofferma sul fatto che L’evangelista enumera ordinatamente tutte le generazioni, che distribuisce a gruppi di tre, a far principio di Abramo, capostipite della discendenza per quattordici generazioni ciascuno, da Abramo a David, da David all’esilio babilonese, da Babilonia a Giuseppe, padre legale di Gesù.
Partiamo quindi dalla rappresentazione dell’offerta pia dell’unico e diletto figlio Isacco (Isacco è figura di Cristo), che ha meritato di prefigurare il mistero della passione del Signore in pro del genere umano; la scena è quella classica, con Abramo che guarda preoccupato il giovane figlio Isacco,la sua discendenza, che conduce l’asino con la legna per l’olocausto, il capro, impigliato in un roveto, che viene immolato per l’alleanza.
Le quattordici pecore in cammino verso David rappresentano le generazioni ed il popolo di Israele, anche David venne assunto a preannunciare, con l’esempio della sua persona, nella figura del suo regno e del suo essere profeta, il re eterno ed il vero profeta che è Cristo. David e rappresentato dal pastorello che guarda verso il Signore, ai suoi piedi una radice Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse, un virgulto germoglierà dalla sua radice. Con virgulto della radice di Iesse indicava la vergine Maria, che trae origine dalla discendenza di Iesse, attraverso David. Infatti s'è visto sopra che la vergine Maria discende dalla stirpe di David: stanno ad attestarlo sia l'evangelista che l'Apostolo. In Cristo da Maria è spuntato il fiore dell'umana carne. Alle spalle di David il suo simbolo, la stella ed il Tempio che il figlio Salomone costruirà. Da David fino alla deportazione in Babilonia si numerano quattordici generazioni. In realtà, secondo il Libro dei Re, sono diciassette, che diventano quattordici scartando quei re infedeli generati dalla dinastia di Acab e Gezabele che si scontreranno con il profeta Elia.

Le quattordici generazioni vengono rappresentate da una scalinata, secondo quanto scritto Da Neemia: Alla porta della Sorgente, di fronte a loro, salirono per la scalinata della città di Davide, per la salita delle mura, al di sopra della casa di Davide, e giunsero alla porta delle Acque, a oriente. (Ne 12,37)
Babilonia viene rappresentata dalle catene infisse sulla parete e da una donna dalle vesti scarlatte, secondo la visione dell’ Apocalisse (Ap 17, 1-6)*
Da Babilonia a Cristo sono tredici le generazioni, che per Cromazio diventano quattordici per tale ragione che l'evangelista ha strettamente congiunto in unità la nascita del Verbo eterno e la nascita secondo la carne, cioè quella da Dio e quella dall'uomo; e lo fa raccogliendole sotto due generazioni unite insieme.
Ci si potrebbe però chiedere perché Matteo abbia voluto dividere le quarantadue generazioni in tre gruppi da quattordici l’uno.
Difatti il numero di quattordici esprime meravigliosamente la somma dei dieci comandamenti della Legge e dei quattro Vangeli. Il numero esprime alla perfezione la concordanza e l'unità della Legge con il Vangelo.
Le quattordici generazioni vengono pertanto rappresentate dalle dieci tavole della Legge e dalle immagini dei quattro evangelisti (tratte dal pulpito della Basilica di Grado), secondo la visione di Ezechiele, ripresa da Cromazio nel Prologo ai trattati.
I tre cicli di quattordici sono dovuti alla perfezione della Santa Trinità, indicati nello schema a triangolo equilatero che ne è una rappresentazione classica.Al centro del triangolo la figura di Aronne, nella veste sacerdotale con in mano una verga in cui si deve vedere preannunciata Maria, la quale senza umore della terra, cioè senza seme di uomo, potè germinare… il vero frutto maturo della salvezza umana. Maria quindi ha una discendenza regale attraverso David e sacerdotale da Aronne, confermata dalla parentela con Elisabetta.
La genealogia di Cristo è l’anello di congiunzione tra L’antico ed il Nuovo Testamento, questo passaggio viene indicato da un grande arco, una porta aperta.

L’Annunciazione avviene all’interno di una tipica casa palestinese organizzata su più stanze che si affacciano su un cortile: in una troviamo Giuseppe nella sua bottega, illuminato da una luce fioca, intento al suo lavoro di falegname, carpentiere, on la montagna che sovrasta la bottega, segno del peso e della responsabilità dell’annuncio dell’Angelo, nella corte l’Angelo stesso che appare a Maria annunciandole la discesa dello Spirito Santo.
Maria è all’interno della sua stanza, senza arredi per incentrare l’attenzione sulla sua figura, con un’anfora in richiamo alla Nozze di Cana ed al suo ruolo di intercessione. Il pavimento in terra, con il tipico rialzo di pietra, mentre le pareti sono di bianco candito, segno della Luce, terra e cielo, carne e spirito dimorano in Maria. Sullo sfondo l’immagine di Eva: all'inizio dei tempi il diavolo rivolse la parola prima ad Eva, poi all'uomo, così da iniettare in loro il seme di morte.

Qui, invece, il santo angelo prima rivolge la parola a Maria, poi a Giuseppe, per rivelare loro il Verbo della vita. Nel primo caso, una donna venne scelta per il peccato; qui innanzitutto viene invece scelta per la salvezza. Nel primo caso, un uomo è caduto per colpa di una donna; qui risorge per merito di una vergine.
"Allora uno dei sette angeli che hanno le sette coppe mi si avvicinò e parlò con me: «Vieni, ti farò vedere la condanna della grande prostituta che siede presso le grandi acque. Con lei si sono prostituiti i re della terra e gli abitanti della terra si sono inebriati del vino della sua prostituzione». L'angelo mi trasportò in spirito nel deserto. Là vidi una donna seduta sopra una bestia scarlatta, coperta di nomi blasfemi, con sette teste e dieci corna.  La donna era ammantata di porpora e di scarlatto, adorna d'oro, di pietre preziose e di perle, teneva in mano una coppa d'oro, colma degli abomini e delle immondezze della sua prostituzione.  Sulla fronte aveva scritto un nome misterioso: «Babilonia la grande, la madre delle prostitute e degli abomini della terra». E vidi che quella donna era ebbra del sangue dei santi e del sangue dei martiri di Gesù. Al vederla, fui preso da grande stupore. (Ap 17, 1-6)


LE PREFIGURAZIONI DI CRISTO


Nel battistero ottagonale trovano posto le prefigurazioni di Cristo, quelle persone cioè che hanno preannunciato la sua venuta, raccolte attorno alla vasca battesimale a pianta esagonale, perché il momento culminante della manifestazione di Cristo fu quando a mezzogiorno (ora sesta) prese su di sé la croce della beata passione per la nostra salvezza.
Il battistero è anche un richiamo alla lavanda dei piedi: Abramo e Gedeone lavarono i piedi al Signore per ricevere la santificazione; il Signore invece lavò i piedi dei suoi discepoli non per esserne santificato ma per santificarli. Essi lavarono i piedi al Signore per cancellare i propri peccati; egli lavò i piedi dei discepoli per mondarli da ogni macchia di peccato.

Elia immagine di Cristo

In Elia che ha sofferto la persecuzione di Gezabele, donna perfida ( cfr 1 Re 19,1s), si allude tipologicamente al Signore che ha sopportato la persecuzione da parte della sinagoga, donna profana. Egli non e mai stato contaminato da cose carnali e non solo non ne è rimasto offeso, ma è stato trasportato in paradiso.
Sermone 25 d) - Attributi: ruota del carro ascesa al cielo, vasi con cui ha bagnato l’olocausto nelle sfida contro i sacerdoti di Baal, prefigurazione dei quattro vangeli

Sansone il nazareo – nazareno

Il nostro Signore e Salvatore fu chiamato «Nazareo» sia per il nome del luogo, vale a dire da Na-zareth, sia per il sacramento della Legge venivano chiamati nazarei, coloro che con un voto particolare offrivano a Dio la loro castità; lasciando crescere la chioma sulla loro testa..
Anche a Sansone convenne l'appellativo di nazareo per un altro motivo: perché fu uomo potente nello spirito e forte nel coraggio; non fatichiamo a riscontrarvi in figura esempi anticipativi del Signore. Sansone disponeva di una capigliatura a sette trecce; Cristo dispone di uno spirito settiforme e gli appartengono sette Chiese. Tutto il vigore di Sansone era nel capo; tutta la forza del Signore è in Dio. In Sansone la vigoria era occulta; in Cristo nascosta è invece la divinità. Sansone squarciò in due un leone anche il nostro Signore e Salvatore, quando sulla croce stese le sue mani, fece a pezzi quel leone che è il diavolo; …Dalla bocca di un leone Sansone cavò fuori un favo di miele; il Signore strappò dalle fauci del diavolo il proprio popolo, così che in virtù della fede esso divenne gustoso come il miele.
Sansone, sprangate le porte della città, viene rinserrato dentro; pure il Signore viene chiuso entro una tomba sigillata. …Sansone, infranti i chiavistelli e prese le porte sulle sue spalle, se ne va via tranquillo; il Signore, pienamente libero, si sottrae al potere della morte, sfondati gli ostacoli della sede infernale e spalancato il sepolcro, ripreso pari-menti il proprio corpo.
Tractatus VII - Attributi: catene ai polsi, porte di Gaza

Abele prefigurazione di Cristo

Abele era pastore di pecore. Prefigurava in sé l’esempio di colui che nel vangelo dice: “Io sono il pastore buono. Il buon pastore offre la propria vita per le sue pecore” (Gv 10,11). In Abele precorre l’immagine, perché in Cristo si manifesti la verità. Il primo è pastore della terra, il secondo è pastore del cielo. Il primo è pastore di animali, il secondo è pastore di martiri. Il primo è pastore di pecore prive della ragione, il secondo è pastore di pecore dotate di ragione.
Sermone 23 c) - Attributi: abiti tradizionali da pastore, vincastro e pecora

Augusto e la signoria di Cristo

Infatti era necessario che il primo censimento di tutto il mondo non si effettuasse in un altro tempo se non quando è nato colui che doveva censire il genere umano; e neppure sotto un altro imperatore, se non sotto colui che per primo prese il nome di Augusto, perché vero ed eterno Augusto era colui che è nato dalla Vergine. Il primo Cesare Augusto era un uomo, il secondo è Dio; il primo era imperatore della terra, il secondo è imperatore del cielo; il primo era re degli uomini, il secondo è re degli angeli.
Sermone 32 a) - Attributi: tunica romana, corona di alloro

Il Segno di Giona

Perciò egli potè affermare che in futuro, nel giorno del giudizio, il popolo di Ninive sarebbe sorto a condannare il popolo giudaico, dal momento che i niniviti ascoltando un solo profeta gli prestarono fede e di conseguenza fecero penitenza pur non avendo egli operato alcun segno; mentre il popolo dei giudei non volle prestare ascolto ad un nugolo di profeti che concordemente annunciavano l'avvento del Signore,
Giona, inviato a predicare ai niniviti, deve sopportare la tempesta del mare; anche il Figlio di Dio, inviato dal Padre ad annunciare al genere umano la salvezza, deve affrontare la persecuzione scatenata dal popolo giudaico. In quel caso il vento solleva contro Giona i flutti del mare; in questo caso lo spirito immondo solleva la plebe contro il Signore. Inoltre come la nave sulla quale si trovava Giona, dopo che si fu scatenata la tempesta, veniva sballottata qua e là da onde contrapposte, allo stesso modo la sinagoga, nella quale c'era il Signore, veniva spinta dai più diversi spiriti immondi per travolgerla fino al rischio di incorrere nel pericolo di morte.
Ma come Giona non potè venire divorato dal cetaceo, né essere trattenuto più a lungo vivo dentro le sue viscere, allo stesso modo anche la morte vorace ha bensì inghiottito il Signore; ma, poiché essa non poteva tenere dentro il vivente e colui che non può venire circoscritto, lo rigettò fuori il terzo giorno, come fece il cetaceo con Giona.
Il cetaceo, inghiottendo Giona, ributtò soltanto lui; la morte, invece, per aver inghiottito il Signore, non soltanto lui, ma molti insieme a lui rigettò.
Tractatus 32 a) - Attributi: abito azzurro mare, pergolato di zucche segno di resurrezione

Giuseppe figura di Cristo

Giuseppe prefigurava tipologicamente il Signore... aveva una tunica variopinta (cfr Gn 37,3); si sa che il nostro Signore e Salvatore ha una tunica variopinta, perché ha indossato come una vesta la chiesa radunata da vari popoli.
Giuseppe, rifiutato dai suoi fratelli, è stato comprato dagli israeliti; anche il nostro Signore e Salvatore, rifiutato dai giudei, è stato comprato dai pagani.
In cambio di Giuseppe sono state date venti monete d’oro (cfr Gn, 37,28), in cambio del Signore sono state date trenta monete d’argento (cfr Mt 26,15). Il servo viene venduto a più caro prezzo del Signore….Se fossimo stati riscattati dalla morte con oro o con argento, la nostra redenzione avrebbe avuto poco valore, perché l’uomo vale più dell’oro e dell’argento; però siamo stati redenti con un prezzo incalcolabile, perché inestimabile è colui che ci ha redenti con la sua passione.
Giuseppe sopporta la calunnia di una donna impudica, il signore spesso è stato fatto oggetto delle calunnie da parte della sinagoga. Giuseppe ha sopportato le pene del carcere, il Signore ha sopportato la passione della morte.
Sermone 24 c) Attributi: veste multicolore

CROMAZIO IL PASTORE

Fuori del portico un angelo annuncia la nascita umana del Signore, in primo luogo, ai pastori che vegliavano sul loro gregge. A nessun altro se non ai pastori spettava di conoscere per primi la nascita del principe dei pastori. Pastori di greggi, in senso spirituale, sono i vescovi delle Chiese, che custodiscono i greggi loro affidati da Cristo. Siamo sempre vigilanti nella fede di Cristo e nei precetti del Signore, custodiamo, come si conviene, i greggi affidatici da Cristo e giustamente siamo chiamati pastori della Chiesa.

Sia sempre vigilante anche la nostra devozione, perché, come l'insegnamento del vescovo incita il popolo alle opere di giustizia, così la devozione del popolo è d'incitamento ai vescovi e fa in modo che, come il gregge si allieta del suo pastore, così il pastore si allieti del suo gregge.
Poiché, dunque, in questo giorno il Signore e Salvatore nostro si è degnato di nascere secondo la carne, rallegriamoci anche noi con gli angeli d'una celeste esultanza e allietiamoci d'una spirituale letizia con fede, con devozione, con santità di cuore. Questa veglia è una festa non solo per gli uomini e per gli angeli, ma anche per il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, perché la salvezza del mondo è la gioia della Trinità.
Cromazio guida dunque il gregge affidato, composto simbolicamente oggi da cinque pecore che rappresentano i cinque continenti; al collo portano delle fasce con i colori simbolici dei continenti stessi. Le pecore rappresentano anche la Chiesa che ha diversi e svariati doni: ha i martiri, ha i confessori (della fede, testimoni, beati e santi), ha i sacerdoti e i ministri, ha le vergini e le vedove (coloro che hanno consacrato la propria vita a Dio e le vedove segno della povertà ed emarginazione), ha gli operatori di giustizia. Ma questa varietà della chiesa non è una varietà di colori, bensì una varietà di doni; di questa varietà della sua chiesa il nostro Signore e Salvatore risplende come di una veste variopinta e preziosa.(cfr veste di Giuseppe).


Infatti il Bambino è avvolto da fasce multicolore; fu avvolto in fasce, perché prese su di sé i nostri peccati a guisa di fasce, come sta scritto: Costui porta i nostri peccati e soffre in vece nostra. Egli, dunque, fu avvolto in fasce, per spogliarci delle fasce dei nostri peccati, egli fu avvolto in fasce, per tessere per opera dello Spirito Santo la preziosa tunica della sua Chiesa; e certamente fu avvolto in fasce, per chiamare i diversi popoli di quelli che credono in lui. Infatti, da nazioni diverse siamo venuti alla fede e circondiamo Cristo, per così dire, con fasce noi che un tempo fummo fasce, ma ora, ormai, siamo diventati la preziosa tunica di Cristo.

La preziosa tunica di Cristo, veste immacolata della Chiesa, viene collocata sopra la mangiatoia, appoggiata sulla croce.
In nessun altro tempo sono stati lavati i piedi delle nostre anime o sono stati purificati i passi del nostro spirito, se non quando il Signore si spogliò della tunica; allora, appunto, quando sulla croce depose la tunica della carne che aveva assunto, di cui si era rivestito, è vero, alla sua nascita, ma di cui si svestì nella sua passione. E si spogliò della tunica della sua carne per coprire le nostre nudità. Perciò la sola tunica del corpo di Cristo rivestì il mondo intero. (Ser 15,4)
Quanto al fatto che il Signore e Salvatore nostro fu posto in una mangiatoia, questo mostrava che sarebbe diventato cibo per i credenti. La mangiatoia è il luogo dove gli animali si radunano per ricevere il cibo. Poiché, dunque, anche noi siamo animali dotati di ragione, abbiamo una celeste mangiatoia intorno alla quale ci raduniamo. La nostra mangiatoia è l'altare di Cristo, intorno al quale noi ci raduniamo ogni giorno per prendere da esso il cibo della salvezza, offertoci dal corpo di Cristo. E nacque a Betlemme; e certamente conveniva che il Signore non nascesse in un luogo diverso da Betlemme. Betlemme, infatti, si traduce con «casa del pane», e questo luogo aveva ricevuto in passato attraverso una profezia tale nome, perché pane disceso dal cielo era Colui che a Betlemme nacque dalla Vergine.


I MAGI E LA SINAGOGA



Nella cappella dei pagani, adiacente al portico, trovano posto i Magi che portano i loro doni al bambino: offrirono oro in quanto egli è re; incenso in quanto è Dio; mirra in quanto lo riconoscono uomo. Anche David parlando di essi dice: I re di Tarsis e le isole porteranno offerte; i re degli Arabi e di Saba verranno portando doni. Spesso la divina Scrittura chiama il nostro mondo «Egitto». A ragione comprendiamo perciò perché i magi sono messaggeri dell'Egitto, poiché, in qualche modo, sono stati scelti a rappresentare il mondo intero; nei doni da essi offerti noi troviamo indicata l'adesione alla fede di tutte le genti e gli inizi della fede stessa.
Sullo sfondo si vede l’Egitto e la porta di Gerusalemme che essi passano per incontrare Erode.
Il Signore fu posto in una mangiatoia, perché non c'era posto all'albergo. Nell'albergo è indicata la Sinagoga, che, già occupata dall'errore dell'incredulità, non meritò di accogliere in sé Cristo. Giustamente, nell'albergo s'intende la Sinagoga, perché, come all'albergo approdano genti d'ogni specie, così la Sinagoga è diventata albergo d'ogni incredulità e d'ogni errore, per cui Cristo non vi poté trovare posto.
La Sinagoga vuota è rappresentata alle spalle dei Magi, in una raffigurazione che richiama anche il Foro di Aquileia, che poco dopo la morte di Cromazio troverà la sua distruzione. I Magi sono messi a confronto con la Sinagoga infatti poterono riconoscere la nascita del Salvatore mediante il segno di una stella. In primo luogo va detto che è stato un dono della divina condiscendenza. In secondo luogo nei libri di Mosè si legge di Balaam che fu una specie di profeta delle genti. Ma proprio qui sta la condanna dei giudei. I magi prestarono fede all'unico profeta che essi ebbero; i giudei non credettero nemmeno ad un grandissimo numero di profeti. I magi intuirono che, con la venuta di Cristo, sarebbero finiti i sortilegi delle arti magiche; i giudei non vollero capire nemmeno i misteri della legge divina. I magi confessano uno straniero; i giudei non riconoscono uno che appartiene a loro.

Presentato perciò il loro omaggio, i magi sono avvertiti di non tornare dal re Erode. Essi se ne tornarono al loro paese percorrendo una via diversa. C'è qui per noi un esempio di fede e di purezza; una volta conosciuto ed adorato Cristo re, c'è l'invito perché lasciamo la vecchia strada dell'errore antico, perché camminiamo in una via nuova, nella quale Cristo ci si fa guida, e perché possiamo ritornare alla nostra patria, cioè al paradiso dal quale Adamo fu espulso.
Anche nel presepe viene indicata la nuova via che i Magi possono solo intravedere, passa attraverso la Pasqua del Signore, la morte e Resurrezione.
Sotto il portico, alle spalle del Bambino, sei agnelli rappresentano la strage dei innocenti: “Mosè attestò che, ancora bambino, Cristo Signore non avrebbe potuto venire ucciso fintanto che era lattante; lo disse in questo modo: “Non cuocerai l'agnello nel latte di sua madre”, significando cioè la stessa cosa: che Cristo Signore - che è il vero agnello di Dio - non avrebbe potuto patire fin tanto che non fosse venuto il tempo previsto.
A Betlemme dunque tutti gli infanti vengono uccisi. Quando sono ancora innocenti essi muoiono per Cristo, diventando così i primi martiri.
Sullo sfondo il Sepolcro vuoto; si è compiuto il Mistero del Natale, il figlio di Dio, fattosi uomo accoglie su sé i nostri peccati, ce ne libera attraverso il Battesimo, ci dona sulla croce la Chiesa, vince nel Sepolcro la morte, quella della carne e quella dello Spirito.
Sorgerà una stella da Giacobbe e da Israele si alzerà un uomo, così che attraverso il segno di una stella e di un uomo, si potessero riconoscere strettamente vincolate da un unico nodo sia la natura divina che quella umana del Figlio di Dio. È per questo che anche nell'Apocalisse lo stesso Signore rende testimonianza a sé stesso, quando dice: Io sono la radice della stirpe di lesse, la discendenza di David e la stella radiosa del mattino, poiché, respinta la notte dell'ignoranza per l'origine della sua nascita, Cristo, come un astro luminoso, ha preso a splendere per la salvezza del mondo.
Il cielo contempla la scena; sopra la genealogia di Cristo l’Orsa maggiore, una immagina ancora non ben definita, sopra il portico quella Minore, con l’indicazione precisa del piccolo carro e la stella polare punto di specifico riferimento, sui Magi la costellazione dei Pesci, dove, secondo Keplero nel 7 a.C. ci fù la triplice congiunzione nei mesi di maggio, settembre e dicembre di Giove con Saturno, evento che si manifesta circa ogni 800 anni.


Bibliografia


La Bibbia di Gerusalemme (CEI)
C.E. Dehoniano, Bologna 1974


Lessico di iconografia cristiana
Gerd Heinz Mohr I.P.L., Milano 1984


La Chiave
Luciano Bartoli - Lint, Trieste 1998


La Benedizione del Natale
Joseph Ratzinger - Queriniana, Brescia 2005


Dizionario enciclopedico della Bibbia e del mondo antico
AA.VV. – Editrice Massimo, Milano 1994


Dizionario culturale della Bibbia
AA.VV. – SEI, Torino, 1992


USI E COSTUMI dei tempi della BIBBIA
Ralph Gower – ELLEDICI, Torino, 2000


Episodi e personaggi della Bibbia
A cura di Stefano Zuffi– ELECTA, Milano, 2004


Sermoni liturgici
Cromazio di Aquileia - Edizioni Paoline, Roma, 1982


Commento al Vangelo di Matteo/1
Cromazio di Aquileia - Città Nuova Editrice, Roma, 1984

Commento al Vangelo di Matteo/2
Cromazio di Aquileia - Città Nuova Editrice, Roma, 1984

Il mistero pasquale in Cromazio di Aquileia
Duilio Corgnali - Editrice La Nuova Base, Udine, 1978


Siti multimediali


www.La Bibbia on line
www.it.wikipedia.org
www.qumram.it


SCHEDA TECNICA


Dimensioni: 100 x 240 cm
Altezza scena: 60 cm
Altezza da terra : 125 cm
Personaggi: da 18 cm numero 8
Personaggi: da 18 cm numero 7 - costruiti
Personaggi: da 12 cm numero 10
Personaggi: da 6 cm numero 5
Animali: varie misure numero 27
Punti luce: numero 22
Potenza totale: 564 watt in 4 fasi


MATERIALI USATI
Polistirolo: 12,50 mq
Faesite: 3,80 mq
Pareti vetroresina: 1,60 mq
Tela: 1,50 mq
Gesso scaiola: 16 Kg
Colla vinilica: 4 Kg
Colori in polvere: 1 Kg
Viteria: 1 Kg
Listelli di legno: 44 ml
Cavi elettrici: 35 ml
Fibre ottiche: 30 ml


REALIZZAZIONE: Marco Soranzo
COSTUMI: Amalia Stagno

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